L’architettura e la natura hanno un rapporto antichissimo, quasi primordiale: la natura ha infatti sempre offerto non solo un’ispirazione legata alle regole armoniche e ai modelli funzionali ma anche materiali ed energie all’arte del costruire.
Nel nostro territorio, l’Etna, molto più chiaramente che in moltissimi altri luoghi della Sicilia e d’Italia, l’impronta delle residenze rurali è rimasta viva, come campione di un rapporto privilegiato e ancora autentico con la natura.
Ecco perché iniziamo da qui, inaugurando il nostro blog come spazio di ricerca e condivisione di informazioni sul nostro terroir, un percorso narrativo sulla storia e l’identità più profonda dell’Etna del vino.
Il nostro stesso approccio all’abitare in una storica contrada del vino qual è Contrada Blandano, a Viagrande, e al fondare un nuovo progetto poco più su, sempre sul versante est del vulcano, in Contrada Praino a Milo, sono fortemente guidati e accompagnati dalle tracce di chi qui ha prima di noi abitato e lavorato la terra.
Esempi di tipiche dimore rurali sull’Etna, da documenti storici
Proprio in queste contrade, infatti, così come nella maggior parte di quelle al di sopra dei 300 metri di quota e fin sui 1250 metri sui versanti meridionale e orientale del vulcano, la vite è stata storicamente quasi una monocoltura. Questo è stato determinante per la definizione del paesaggio rurale, quasi interamente disegnato dalla sistemazione a rasole (terrazze), e per lo stile costruttivo delle case oltre che degli ambienti produttivi, ovvero principalmente i palmenti.
I documenti storici testimoniano la molteplicità e la varietà di case rurali tra le vigne: nelle aree più elevate erano più frequenti i ricoveri approssimativi (i pagghiari e le casedde), al di sotto dei 1000 metri erano più frequenti case grezze, utilizzate per soste stagionali e temporanee, mentre a zone altimetriche ancora inferiori gli edifici rurali diventavano più grandi, complessi abitativi permanenti che molto spesso erano collegati proprio al palmento e alla cantina.
Il secondo palmento di Viagrande e il palmento di Milo, nelle nostre proprietà
Abbiamo voluto lasciare intatto il palmento dei primi del '700 che, insieme ad un altro palmento del 1699 di cui si sono conservate ampie parti, si trova proprio al centro della nostra proprietà a Viagrande: è, infatti, il testimone di questa secolare memoria.
Il nostro, in particolare, è un piccolo palmento che serviva probabilmente poche famiglie del circondario ed è solo uno dei numerosissimi palmenti che è estremamente frequente ritrovare nelle proprietà agricole, tutti uguali tra loro per tipologia di funzionamento ma tutti diversi - anche in modo significativo - per dimensioni e quindi per capacità di utilizzo.
Sappiamo con certezza che nel corso dei secoli questo palmento è diventato esso stesso abitazione, sottolineando come il suo scopo produttivo fosse così centrale da giustificare la forte riduzione dello spazio vissuto tutto l’anno, pur di preservarlo integro.
Il palmento del 1699 in contrada Blandano, tra le nostre vigne
Non dimentichiamo inoltre che la residenza rurale, per la sua capacità di adeguarsi spontaneamente nel tempo alle esigenze agricole, rappresenta ancora oggi per noi una lezione di architettura, anche sotto il profilo che oggi si definisce bioclimatico. Nelle antiche abitazioni di queste contrade il cellaio connesso al palmento era leggermente interrato, in modo da mantenere naturalmente più fresca la temperatura dell’ambiente.
Una lezione che noi abbiamo preso alla lettera, realizzando una moderna cantina ipogea, affinché non fossero necessari sistemi di raffreddamento artificiali: il terreno con cui sono a contatto la cantina e la bottaia, mantiene infatti una temperatura costante di 15° e questo ci aiuta anche ad assicurare un’aerazione naturale.
Sempre facendo tesoro della tradizione, l'abbiamo realizzata sfruttando le rasole che degradavano sul versante e, nella parte emergente, abbiamo realizzato lo spazio che oggi è destinato alla nostra ospitalità in cantina. E alla Rasola abbiamo dedicato un vino della memoria, a cui siamo molto legati proprio perché continua, di anno in anno, a rinnovare a un legame con le radici più ancestrali di questa contrada.
La nostra cantina ipogea e il nostro Rasola
Ecco perché rileggere il territorio e i documenti che ne testimoniano l’evoluzione, ci consente oggi di fare una riflessione completa su questo terroir in termini di contributo dell’uomo e di forte matrice culturale.